Porto Flavia è situato lungo la costa sud-
Porto Flavia vista da un imabrcazione
L'impianto fu ideato, nel 1925, dall'ingegnere Cesare Vecelli (che gli diede il nome della sua primogenita) per abbattere gli ingenti costi di trasporto del minerale estratto dalle miniere della zona. Fino alla sua entrata in funzione, dai centri di estrazione il minerale veniva trasportato mediante carri trainati da buoi fino ai magazzini posti in prossimità della spiaggia di Masua. Lì era stato realizzato un molo per l'attracco di piccoli vascelli a vela latina (le "bilancelle" di Carloforte) di 10-
Porto Flavia è uno splendido esempio di come in Sardegna, per mantenere i costi dell'estrazione competitivi, si dovettero affrontare e risolvere in maniera ingegnosa tutta una serie di problemi tecnici e gestionali che l'ambiente e la natura dei giacimenti frequentemente imponevano. Nella ripida falesia di Schina 'e Monte Nai, furono scavati 9 grandi silos con una sezione di 4 m x 8 m ed una altezza di 20 m, collegati con 2 gallerie sovrapposte, entrambe affaccianti sul mare.
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Piazzale d’ingresso con il Pan di Zucchero sullo sfondo
Entrata della galleria
Vagone utilizzato per il trasporto del minerale
Interno della galleria
Simulazione del lavoro in miniera
Simulazione del lavoro in miniera
Veduta di Porto Flavia dal mare
Veduta di Pan di Zucchero dallo sbocco della galleria
Particolare di Porto Flavia
Porto Flavia vista dal mare
La galleria superiore, alla quota di 37,40 m, era la "galleria di carico", quella cioè che mediante una ferrovia era collegata alla miniera. In essa entrava il convoglio carico di minerali che venivano scaricati nei diversi silos. La galleria inferiore, alla quota di 16 m, era la "galleria di scarico", dotata di un nastro trasportatore fisso sul quale, dai silos, venivano scaricati i minerali, e di un nastro trasportatore estensibile. In occasione del carico delle navi il nastro estensibile veniva spinto all'esterno della falesia attraverso una finestra aperta nella falesia stessa.
Una volta completato il carico, il nastro estensibile veniva riportato all'interno della struttura, e veniva chiuso il portellone esterno di comunicazione con il mare.
L'adozione di tale sistema, che aveva una potenzialità di carico di 100 tonnellate all'ora, consentì di risparmiare enormemente sui tempi di carico del minerale. Infatti, in poche ore era possibile caricare una nave che con i precedenti sistemi era costretta ad attendere diversi giorni.
Attualmente Porto Flavia è visitabile attraverso escursioni guidate previa prenotazione.
La galleria Henry è ubicata alla quota di m. 50, al di sopra del mare nei pressi dell’abitato di Buggerru e attraversa per circa 1 Km l’altopiano di Planu sartu del quale è la più importante struttura.
Essa consentiva il trasporto dei minerali su rotaia dalle fronti di produzione alle laverie.
Le sue importanti dimensioni furono determinate dall’impiego (1892) di una locomotiva a vapore che, grazie ad una avveniristica rete ferroviaria, soppiantò in breve tempo i lenti ed onerosi trasporti con i muli.
La laveria Lamarmora, ubicata in una singolare e suggestiva posizione lungo la costa di Nebida venne costruita nel 1897 dalla “Società anonima di Nebida”.
Laveria Lamarmora
La sua realizzazione a strapiombo sul mare fu necessaria per facilitare il trasporto dei minerali dai luoghi di estrazione alla penisola, ed avere a portata di mano la grande quantità d’acqua necessaria per quel tipo di lavorazione.
Questo impianto che ha funzionato fino alla metà degli anni trenta, nel 1998 è stato oggetto di un’opera di restauro e consolidamento da parte della Soprintendenza di Cagliari e Oristano.
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Veduta della Laveria Lamarmora dal Belvedere di Nebida
Scorcio della Laveria lamarmora
Laveria Lamarmora dal mare
Laveria Lamarmora
Archi, particolare della Laveria
Lamormora
Resti della Laveria Lamormora
Veduta aerea della Laveria Lamarmora
Veduta aerea della Laveria Lamarmora
Monteponi può sicuramente essere definito il villaggio minerario più importante non solo dell’iglesiente ma di tutta la Sardegna.
Panoramica dell’ex impianto minerario di Monteponi
Venne costruito dall’omonima società mineraria che operò in questa località dal 1850 sino alla meta degli anni settanta del secolo scorso. In esso sono presenti oltre alla bellissima villa “Bella Vista” sede d’abitazione del direttore della miniera (oggi ospita la locale sede universitaria di scienza dei materiali), cosi denominata per la felice posizione panoramica, tutti gli opifici necessari all’estrazione e alla lavorazione del minerale dai maestosi Pozzo Sella e Pozzo Vittorio alla Sala Compressori, all’Impianto Elettrolisi e Fonderia Piombo oltre ai vari Magazzini, Officine, Uffici e Falegnamerie.
La galleria Villamarina, intitolata al viceré del Regno di Sardegna Marchese di Villamarina. scavata iniziò a quota + 174 m. slm, è dotata di due imbocchi distanti tra loro circa 70 metri, denominati Asilo e Suore.
Le denominazioni derivano dalla presenza in prossimità della galleria dell’asilo edificato negli anni 20 dalla società mineraria, e dei locali abitati dalle suore di carità che curavano l’assistenza del vicino ospedale della miniera.
Lo scavo della galleria Villamarina iniziò nel 1852. Essa incontra i due pozzi più importanti della miniera di Monteponi: Il Pozzo Sella e il Pozzo Vittorio Emanuele.
Situata ad Iglesias, la scuola mineraria (che oggi ospita il museo) venne istituita nel 1871 in seguito ad un’iniziativa parlamentare e alla volontà Ministro delle Finanze Quintino Sella che tra l’altro era ingegnere minerario ed anche perciò particolarmente sensibile alla tematica e profondo conoscitore dell’attività estrattiva dell’Iglesiente.
Istituto Minerario Giorgio Asproni: nei suoi sotterranei è ubicato il museo dell’arte mineraria
Nel 1934 ebbe inizio sotto di essa una campagna di scavi sotterranei nella quale si esercitavano gli allievi. Le gallerie ottenute, nella seconda guerra mondiale, vennero utilizzate come rifugio antiaereo.
I recenti lavori, eseguiti nel 1989, ne hanno permesso il totale ricupero e percorribilità e l’Associazione Periti Industriali & Minerari Geotecnici ha realizzato ambienti tipici minerari con l’esposizione di macchine originali, da laboratorio, modellini e plastici in scala con numerose fotografie dando vita cosi al Museo dell’arte Mineraria importante testimonianza scientifica , umana e culturale.
Presso il paese di Masua, il museo delle macchine di miniera, con oltre settanta macchine e attrezzature specifiche per lavori minerari, rappresenta la testimonianza di un’evoluzione industriale di grande prestigio.
Il visitatore potrà verificare i progressi tecnologici effettuati nello sfruttamento minerario, da quando il minatore utilizzava semplici strumenti di scavo (pale, picconi, paioli, punteruoli) che comportavano un duro ed estenuante lavoro fisico fino agli anni più recenti con l’utilizzo di mezzi meccanici sempre più aggiornati che hanno trasformato questo lavoro basato prevalentemente sulla forza dell’uomo in un sistema produttivo e industriale all’avanguardia nel mondo.
La grotta di Su Mannau ha uno sviluppo di circa 8 km, è costituita da ampie sale (talvolta spettacolari), lunghe gallerie e numerosi pozzi, generati dall'azione di due diversi corsi d'acqua (il Rapido e il Placido) che alimentano l'acquedotto di Fluminimaggiore. In prossimità delle parti terminali sono presenti concrezionamenti fra i più belli in Sardegna. La spaziosa sala iniziale è stata sede di pratiche cultali fin dal neolitico, con frequentazioni in età tardo romana. La prima parte della grotta è attrezzata per visite turistiche.
Su Mannau è una grotta interessante per diversi motivi: speleo-
La cavità è sovrastata dal blocco calcareo che va da Su Mannau-
Il complesso sistema carsico si snoda per quasi 8 km seguendo uno sviluppo orizzontale, con gallerie intercalate da ampie e bellissime sale da cui partono numerose diramazioni.
L'itinerario che segue l'andamento del ramo turistico, conserte di ammirare le sale, le vistose e suggestive concrezioni, i laghetti, le colate policrome, adamantine, bianche e rossastre, i pozzi e persino i resti di alcune lucerne votive di provenienza nuragica.
Una deviazione a sinistra porta ad un tratto più impegnativo. Qui, attraverso il "Pozzo Torino" si raggiunge la "Sala Serra" e si prosegue verso il "Ramo dell'Infinito".
La grotta di S. Giovanni posta allo sbocco di una valle incisa nelle rocce calcare e scistose, è in pratica un enorme traforo idrogeologico percorso da Nord a Sud dal Rio San Giovanni da cui prende il nome.
E’ il fenomeno carsico più appariscente della Sardegna, riveste importanza sotto molteplici aspetti quali: preistoria, storia, monumentalità, è, inoltre una delle tre grotte in ambito internazionale che ha la caratteristica di essere cavità naturale transitabile con mezzi motorizzati con ingressi alti circa 25 metri.
L’esistenza, presso gli ingressi, di resti di mura che chiudevano la grotta testimoniano l’antica funzione di naturale fortezza. Nel 1970 all’interno della grotta è stato scoperto un vaso preistorico che per decorazioni e fattezze è ritenuto dagli archeologi unico sinora in Sardegna.
La grotta di Santa Barbara, situata all’interno della miniera piombozincifera di San Giovanni è stata scoperta casualmente nel 1952, durante lo scavo di un fornello.
La grotta si apre al contatto tra il calcare coroide e la dolomia gialla silicizzata e consiste in un unico grande vano.
La caratteristica che rende particolare ed unica questa cavità è legata ai cristalli tabulari di barite bruno scuro che ne tappezzano completamente le pareti.
Carbonia fu fondata nel 1937 sotto la spinta del regime fascista per promuovere lo sfruttamento dei giacimenti minerari della zona. L'interno del paese è interessante dal punto di vista urbanistico in quanto rappresenta il più importante esempio di centro minerario pianificato dell'Italia del periodo fascista, ma ben più interessanti sono i suoi dintorni. La miniera di Serbariu è una delle più importanti fra le attività estrattive ormai abbandonate; due belle sagome metalliche dei pozzi di estrazione, meglio detti "Castelletti di estrazione" spiccano un po' ovunque come simbolo della città mineraria, oggi capoluogo di provincia.
La miniera di San Giovanni, che si trova nel territorio di Gonnesa al confine di Iglesias, è ricca di storia:
1865, agosto: l'ingegnere ungherese Keller ottenne il primo permesso di ricerca e la dichiarazione di scoperta;
1867: l'ing. Keller vende la miniera ad una piccola società inglese denominata " Gonnesa Mining Company Limited" che a sua volta la lasciò alla "Pertusola Limited".
Con questa nuova società si costruì una moderna laveria gravimetrica e un villaggio, umile, di minatori chiamato Bindua.
Col ritrovamento, durante lo scavo della galleria Idina, di una massa mineralizzata di enormi proporzioni, ebbe inizio uno sviluppo davvero imponente della miniera. All'aperto furono ingrandite le strutture della laveria per permettere la realizzazione di un impianto di trattamento moderno denominato Idina in omaggio alla moglie del Presidente della Pertusola, Lord Brassey. All'interno furono elettrificati i pozzi Carolina e Albert, per mezzo dei quali era possibile il collegamento dei cantieri e della Galleria Idina. All'esterno si costruirono nuovi alloggi per il personale, gli uffici, le case dei dirigenti e i silos a Ponte Cartau grazie ai quali il materiale poteva essere trasportato all'imbarco di Portovesme su ferrovia anziché su carri. Nell'attività estrattiva vennero raggiunti obiettivi importanti, pur in presenza di crisi alterne, sino agli sessanta quando iniziò ad evidenziarsi l'antieconomicità del giacimento metallifero.
La Società Pertusola decise di abbandonare l'attività mineraria e nel 1969 la miniera di San Giovanni passò alla "Società Piombo Zincifera Sarda" una società controllata dall'Ente Minerario Sardo a capitale, quindi, regionale. I lavori proseguirono fino all'82 con il passaggio di San Giovanni alla Samim Società a capitale Statale. Il declino fino alla chiusura avvenne in modo ineluttabile.
Ex impianto minerario di San Giovanni
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